La fame come arma dello Stato razzista di Israele nell'Olocausto palestinese
di Soraya Misleh
Le immagini che invadono i social network ogni giorno evocano scene che molti hanno visto solo nei film e nei documentari sull'Olocausto perpetrato dal nazismo nel secolo scorso: veri e propri scheletri umani nei campi di concentramento. Nel XXI secolo questo è quello che vediamo a Gaza.
I bambini sono così denutriti che, quando hanno accesso al latte artificiale o a un po' di latte, non hanno la forza di poppare. Circa 100 bambini palestinesi sono morti per la carestia imposta da Israele dal marzo scorso, quando Israele ha ripreso il genocidio e il blocco totale e criminale della Striscia di Gaza, dopo 42 giorni di una fragile tregua con continue violazioni da parte dello Stato sionista.
Durante questo periodo più di 80 palestinesi adulti sono stati vittime della carestia imposta nel campo di concentramento in cui Gaza è stata trasformata da Israele, confinando lì i suoi oltre 2 milioni di abitanti.
Genocidio con squisita crudeltà
«[La carestia è] uno dei modi più indegni e barbari di uccidere. (…) Il suo scopo è quello di portarla all’estremo e massimizzare la sofferenza», ha dichiarato il dottor James Smith, due volte volontario di emergenza a Gaza, in un'intervista ad Al Jazeera del 4 agosto. Il mondo assiste, in diretta e a colori, alla crudeltà di un vero e proprio Olocausto ai danni del popolo palestinese.
Oltre alle morti causate da bombe e proiettili, la fame, la sete e il collasso umanitario fanno parte delle atrocità israeliane nella Nakba palestinese, una catastrofe iniziata nel 1948 con la creazione dello Stato coloniale razzista sul 78% del territorio storico della Palestina.
Nell'ambito della strumentalizzazione della fame al fine di uccidere quanti più palestinesi possibile e privarli di ogni umanità e dignità, Israele ha distrutto, in quasi due anni di genocidio, le strutture che garantivano gli aiuti umanitari e persino le condizioni di sussistenza, impedendo ai palestinesi la pesca e contaminando anche i terreni coltivabili.
Secondo dati ufficiali, sono già stati uccisi più di 340 lavoratori dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa) e Israele ha anche bombardato centri di distribuzione e stoccaggio di cibo a Gaza, mantenendo il criminale blocco totale che impedisce l'ingresso di cibo, medicine, acqua, latte in polvere... cioè di tutto!
Lo scorso luglio, il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (Unicef) ha avvertito che tutti i bambini palestinesi di Gaza sotto i cinque anni (320.000) rischiano di morire di fame e malnutrizione acuta.
Blocco criminale degli aiuti umanitari
Save the Children International ha riferito, in un reportage di Al Jazeera del 4 agosto, che più di quattro donne incinte su dieci (43%) che si sono recate nelle sue cliniche a Gaza nel mese di luglio soffrivano di malnutrizione. È stata raggiunta la soglia della carestia per l'intera popolazione. «L'unico modo per invertire questa catastrofe è inondare Gaza con aiuti massicci», ha detto Philippe Lazzarini, commissario generale dell'Unrwa, secondo le informazioni pubblicate dall'agenzia il 1° agosto.
Secondo lui, solo l'Unrwa ha l'equivalente di 6.000 camion con cibo e medicine pronti ad attraversare il confine ed entrare a Gaza. «Attualmente si trovano in Giordania e in Egitto e sono senza permesso di transito da quasi cinque mesi», descrive il rapporto. Secondo un articolo pubblicato da Al Jazeera, più di 22.000 camion sono in attesa di porre fine alla campagna sistematica di «fame, assedio e caos».
Bugie e inganni
Nel frattempo, nell'ambito della disumanizzazione dell'Olocausto perpetrata dallo Stato genocida, gli Stati Uniti e Israele hanno istituito la cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation, che lo scorso maggio ha annunciato l'inizio della distribuzione degli aiuti. Una trappola mortale e un uso truffaldino del termine «umanitario».
Più di 1.400 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano di procurarsi briciole per sfamare le loro famiglie. I sionisti hanno trovato un nuovo modo per divertirsi: attaccare corpi scheletrici di bambini e adulti, molti dei quali sono morti nella fila per la farina.
Israele utilizza un'altra tattica di propaganda falsa: ha annunciato «pause tattiche» (dieci ore al giorno) nell'azione militare nelle zone di Al Mawasi, Deir al Balah e nella città di Gaza. «Ad oggi, non ci sono stati progressi né miglioramenti nella situazione umanitaria in tutta la Striscia di Gaza», sottolinea l'Unrwa nel suo rapporto.
Le scene sono spaventose. Nel tentativo di bere acqua, i bambini cercano di stringere un tubo che gocciola per ricavarne una sola goccia. I palestinesi rovistano nella spazzatura per non morire di fame. Gli ospedali distrutti non possono salvare chi arriva in condizioni di grave malnutrizione, mentre corpi mutilati si ammucchiano accanto ad altri coperti di ferite e ustioni inimmaginabili.
Secondo un rapporto pubblicato lo scorso giugno da Harvard Dataverse, scritto dal ricercatore israeliano Yaakov Garb, più di 377.000 palestinesi sono dispersi a Gaza, metà dei quali bambini. Si tratta del 16,5% della popolazione locale.
E in Cisgiordania?
La Striscia di Gaza, insieme alla Cisgiordania e alla Città Vecchia di Gerusalemme, costituisce il 22% del territorio storico della Palestina occupato militarmente da Israele nel 1967. Mentre Gaza era già alle prese con un blocco criminale durato 18 anni con ripetuti massacri, la Cisgiordania subiva l'avanzata della colonizzazione e della pulizia etnica. Tutta la Palestina storica, comprese le zone occupate nel 1948, è ancora soggetta a un regime di apartheid istituzionalizzato.
Negli ultimi due anni, la situazione è ulteriormente peggiorata in Cisgiordania, che si teme possa diventare la prossima Gaza. Nel nord sono già in corso esperimenti, con una pulizia etnica accelerata e sempre più profonda.
Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), le forze di occupazione israeliane hanno distrutto il 43% del campo profughi di Jenin, il 35% del campo di Nur Shams e il 14% del campo di Tulkarem. Da ottobre 2023, più di 40.000 palestinesi in queste zone sono stati espulsi dalle loro terre e dalle loro case e più di 1.000 sono stati uccisi in tutta la Cisgiordania.
Il numero dei prigionieri politici, sottoposti a torture atroci, è aumentato vertiginosamente. Alcune organizzazioni hanno rivelato che più di 17.000 persone sono passate attraverso le prigioni sioniste e oggi quasi 11.000 rimangono incarcerate, tra cui 50 donne e 450 bambini.
L'annessione di terre e l'espansione degli insediamenti continuano, così come i pogrom (attacchi violenti e sistematici contro un gruppo etnico, in questo caso i palestinesi) perpetrati dai coloni sionisti. Nell'ambito degli attacchi, il 3 agosto il ministro israeliano della Sicurezza nazionale, Ben-Gvir, ha guidato un gruppo di quasi 4.000 coloni che hanno fatto irruzione nel complesso della moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, issando bandiere sioniste.
La maschera di Israele è caduta
Di fronte a tanto orrore, alcuni si sentono impotenti e si chiedono se tutto sia perduto. La risposta è no. In realtà il volto esplicito di Israele non è mai stato così evidente, mettendo a nudo la sua natura razzista, coloniale e genocida. La maschera è caduta.
La solidarietà con il popolo palestinese in tutto il mondo è immensa, anche se non è sempre percepita dai palestinesi, naturalmente, poiché il senso di abbandono è grande – e non nuovo – e la storica complicità internazionale con Israele resta in piedi, nonostante il crescente isolamento internazionale.
La Resistenza ha riportato la causa palestinese al centro del dibattito internazionale e ha smascherato tutti i suoi nemici: l'imperialismo-sionismo, i regimi arabi e la borghesia arabo-palestinese, oggi rappresentata soprattutto da una nuova classe capitalista legata al gestore dell'occupazione, l'Autorità nazionale palestinese.
Il sionismo cerca di mettere a tacere le critiche
Da un punto di vista storico, il danno al progetto sionista sembra irreversibile e ne accelera la scomparsa. Nel tentativo di salvarlo, alleati storici come la Francia e il Regno Unito parlano ora di riconoscere lo Stato palestinese.
Nel frattempo, sionisti di «sinistra» come Michel Gherman denunciano l'estrema destra sionista come causa del genocidio, adottando la retorica secondo cui si tratta di un problema del governo, non di Israele come Stato coloniale e razzista. La crisi interna sionista si approfondisce, come dimostrano le marce a Tel Aviv.
Allo stesso tempo, aumentano la repressione e la criminalizzazione nel tentativo di mettere a tacere le voci che difendono la Palestina. A San Paolo del Brasile, ad esempio, il governo municipale ha lanciato varie offensive nell’ultimo periodo. La prima offensiva era contro i murales della capitale, con l'ordine di ridipingere quelli che recavano la scritta «Palestina Libera», in risposta a un attacco sionista della consigliera Cris Monteiro (Partido Novo). La seconda protesta era contro il 7° Festival Letterario Pirata degli Editori Indipendenti (Flipei), con la cancellazione del contratto da parte della Fondazione Municipale del Teatro (responsabile della Praça das Artes, dove si sarebbe tenuto l'evento), alla vigilia del suo inizio, il 6 agosto. La fiera si è svolta in luoghi come il Magazzino Elza Soares, gestito dal Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (Mst), con la presenza dello storico antisionista israeliano Ilan Pappé (1).
La disperazione dei sionisti e dei loro alleati è emblematica. Israele sta andando verso la sconfitta politica, mentre l'Olocausto, purtroppo, continua senza sosta. Ma i palestinesi si rifiutano di essere cancellati dalle cartine geografiche.
Agosto 2025
Note
1. Dopo la stesura di questo articolo, in Gran Bretagna il governo laburista ha dichiarato fuori legge l’associazione Palestine Action, con più di 530 arresti.