Partito di Alternativa Comunista

Referendum dell’8 e 9 giugno: che sia un «sì» alla lotta!

Referendum dell’8 e 9 giugno: che sia un «sì» alla lotta!

 

 

Intervista a cura della redazione

 

Abbiamo intervistato Diego Bossi, responsabile del dipartimento sindacale del Pdac. L’8 e il 9 giugno si apriranno i seggi elettorali per votare su 5 quesiti, con lo scopo di abrogare parzialmente alcune disposizioni di legge riguardanti il lavoro e il diritto di cittadinanza. Abbiamo già pubblicato un articolo su questo argomento, che vi invitiamo a leggere con attenzione: https://www.alternativacomunista.com/articoli/sindacato/referendum-cgil-la-nostra-posizione.
Si tratta di tematiche che coinvolgeranno direttamente milioni di lavoratrici e lavoratori. Non da meno sarà l’impatto sulla popolazione immigrata: si stima, ad esempio, che oltre un milione di minori stranieri nati in Italia siano tuttora privi di cittadinanza.
L’appuntamento elettorale dell’8 e 9 giugno non va sottovalutato: cittadinanza e lavoro sono temi su cui si consumano le sofferenze quotidiane dei lavoratori. Cerchiamo di capirci di più e meglio per delineare una prospettiva di classe.

 

Diego, su cosa vertono i quesiti referendari?

Quattro quesiti riguarderanno la legislazione sul lavoro, nello specifico il referendum interverrà sulla disciplina dei licenziamenti (sia in termini di reintegro sia risarcitori), sull’abuso di utilizzo del precariato e sulla responsabilità solidale in caso di infortuni sul lavoro dei lavoratori in appalto. Il quinto quesito è finalizzato a modificare le norme sulla cittadinanza, dimezzando il tempo di residenza necessario a ottenerla.
Non credo sia utile qui un approfondimento tecnico, tra l’altro reperibile ovunque in rete: penso sia più utile focalizzare la nostra attenzione su cosa dobbiamo fare e cosa dobbiamo sapere.

 

Ecco, appunto, che indicazioni dà Alternativa comunista?

Ovviamente diamo indicazione di andare a votare «sì», la valenza politica di questi referendum va ben oltre le modifiche abrogative che propongono: in discussione c’è una delle peggiori stagioni di attacchi alla classe lavoratrice nella storia recente. Ricordiamo che il Jobs Act, varato dal Pd guidato da Renzi e scritto sotto dettatura di Confindustria su input dell’allora presidente della Bce, Mario Draghi, riuscì addirittura a peggiorare le riforme montiane (tra cui la Legge Fornero), anch’esse approvate coi voti del Pd.
Votare «SI» è un dovere morale e politico di ogni lavoratrice e lavoratore, ancora oggi stiamo pagando delle conseguenze pesantissime a causa di quelle leggi infami e criminali che hanno monetizzato i licenziamenti e reso strutturale la precarietà. Lo ripetiamo a scanso di equivoci: l’8 e il 9 giugno andiamo in massa a votare «sì» come prima tappa di un percorso crescente di lotta che servirà a difendere, consolidare e migliorare il voto referendario.

 

La Cgil, promotrice dei referendum sul lavoro, sta facendo campagna elettorale con lo slogan «Il voto è la nostra rivolta». Cosa ne pensi?

La direzione della Cgil in questa vicenda ha delle responsabilità gravissime e il loro slogan, «Il voto è la nostra rivolta», svela appieno le loro intenzioni concertative: il voto è il voto, la rivolta è la rivolta, il voto non è la rivolta. Punto. Ieri come oggi omettono l'organizzazione del conflitto di classe come elemento fondamentale per difendere i lavoratori, specialmente di fronte ad attacchi violenti. Bisogna fare un salto indietro e non dimenticare la storia. Il 21° secolo iniziò con la volontà del governo Berlusconi di abrogare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, un progetto che nel 2002 si infranse contro i famosi 3 milioni di lavoratori al Circo Massimo. Da lì a meno di un decennio dopo ci siamo ritrovati con l’articolo 18 amputato e con un sistema contributivo che ha massacrato pensioni e pensionati e centinaia di migliaia di esodati.
Cosa è successo? I lavoratori per caso sono cambiati geneticamente e non hanno più protestato e lottato? Assolutamente no, ci sono state delle scelte politiche gravissime da parte delle direzioni politiche e sindacali. Il governo Monti, con l’appoggio del Pd e il sostanziale silenzio della direzione Cgil, è arrivato là dove nessun altro era riuscito: i tre milioni di Cofferati si sono trasformati nella manciatina di ore di sciopero articolate regionalmente della Camusso; e non è una questione di segretari, invertendo i nomi il risultato sarebbe stato lo stesso. Si trattò di una questione di interessi politici e materiali: la Cgil non poteva andare contro il suo principale partito di riferimento, che nel 2002 era all’opposizione di Berlusconi col nome di Ds e nel 2012 era divenuto il Pd, partito che sosteneva la maggioranza di governo, oggi il principale partito liberale borghese della borghesia.

 

Parliamo di cittadinanza: è un tema che riguarda solo gli immigrati?

Gli immigrati pagano un prezzo altissimo per scappare dai loro Paesi d’origine saccheggiati dal capitalismo che genera guerre, carestie e devastazione. Molti di loro annegano nel Mediterraneo e a coloro che riusciranno ad approdare sulle coste aspetta una vita di sfruttamento e stenti. Ma i capitalisti utilizzano gli immigrati come esercito di riserva per abbassare le condizioni di tutti i lavoratori: «Non ti va bene? Quella è la porta, tanto c’è l’immigrato disperato che accetta le mie condizioni». Per questo è importante che nativi e immigrati si uniscano nella comune lotta contro lo sfruttamento, rifuggendo da qualsiasi forma di razzismo e xenofobia, funzionale solo al padronato per dividere i lavoratori indebolendoli.

 

Il referendum come strumento per la conquista dei diritti e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori è efficace? 

L’efficacia del referendum dipenderà da quanto esso sia inserito in un contesto più ampio e duraturo, che vada oltre la data delle elezioni e segni un percorso crescente di lotta che tenda a generalizzarsi e ad assumere dimensioni nazionali.
Di per sé lo strumento referendario è soggetto a diversi limiti imposti dalla legislazione borghese. Il più importante e assurdo, in questo caso specifico, è che i diretti interessati, gli immigrati senza cittadinanza, non potranno votare. Poi c’è il peso gigantesco del quorum al 50%, una zavorra finalizzata a invalidare la consultazione.

 

A proposito di quorum, ricordiamo che sull’articolo 18 ci fu un referendum nel 2003. Quali furono gli effetti?

Avete fatto bene a citare questo caso da cui oggi ricaviamo un insegnamento importante. Nel 2003 Rifondazione comunista, partito riformista per nulla radicato nelle lotte operaie ma, ai tempi, ben radicato in parlamento e nell’apparato della Cgil, propose il referendum sull’ondata dei suddetti tre milioni del Circo Massimo, superando la posizione difensiva e passando addirittura ad «attaccare», proponendo l’estensione delle tutele previste dall’articolo 18 anche alle imprese con meno di 15 dipendenti. Un obiettivo nobile, ma le conquiste, tutte le conquiste, si fanno con le lotte e con gli scioperi.
Rifondazione fece una mera operazione di marketing, il referendum fallì, nonostante più dell’80% avesse votato a favore: l’affluenza si fermò al 25%. Da lì l’effetto boomerang, con i nemici di classe che strumentalizzarono abilmente il risultato referendario contro l’articolo 18. Per la completezza di informazione: Rifondazione comunista ha sostenuto i governi borghesi che hanno introdotto la precarietà e colpito duramente l’immigrazione. Sempre in tema di referendum senza lotte ricordiamo che molte volte nella storia la via referendaria non ha portato buone notizie: vedi scala mobile e rappresentanza sindacale. Per questo la radicalizzazione e la diffusione delle lotte operaie è un elemento necessario e fondamentale.

 

Un’ultima domanda, Diego: quali sono le proposte e i consigli che il partito dà alle lavoratrici e ai lavoratori per la prossima fase?

La ricetta per noi è sempre la stessa, dobbiamo riprendere in mano i nostri destini, scrivere le pagine della nostra storia senza permettere che siano altri a scriverla: solidarietà di classe, democrazia operaia, unità delle lotte e degli scioperi, nessuna fiducia nelle istituzioni borghesi e internazionalismo sono i nostri ingredienti. Per questo motivo è importante costruire una direzione politica rivoluzionaria che si formi nelle lotte e intervenga nel movimento operaio e nei sindacati: solo così possiamo contrastare i tradimenti di classe delle direzioni borghesi e riformiste, a partire dalle direzioni opportuniste dei sindacati e lottare per un sistema libero dalle catene del profitto, dallo sfruttamento e dalle oppressioni.

 

Iscrizione Newsletter

Iscrizione Newsletter

Compila il modulo per iscriverti alla nostra newsletter - I campi contrassegnati da sono obbligatori.


Il campo per collaborare col partito è opzionale

 

Campagne ed Iniziative





campagna

tesseramento 2024

 






Il libro sulla lotta in Alitalia

 il libro che serve per capire Lenin

 

perchè comprare

la loromorale e lanostra




Venerdì 16 maggio

Siena

 


Sabato 3 maggio

Modena

 


venerdi 11 aprile

 
 
 

Bari 7 marzo
 
 

 
21 febbraio
zoom nazionale
 
 

 
BOLOGNA
15 febbraio ore 1030
 

 Giovedì 28 novembre
Zoom 
 

 


Modena (19 ottobre)

e Milano (20 ottobre)


sabato  19 ottobre

Modena


12 ottobre

Cremona

 


7 ottobre


 

 

 
 

 

Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale

NEWS Progetto Comunista n 142

NEWS Trotskismo Oggi n 24

Ultimi Video

tv del pdac