Fronte di Lotta No Austerity:
verso l’assemblea nazionale del 18 novembre
Intervista a cura della redazione web
Il 18 novembre a Firenze si svolgerà un’assemblea pubblica nazionale del Fronte di lotta No Austerity. Ne parliamo con Diego Bossi, operaio Pirelli impegnato nella costruzione di questo importante strumento di unità delle lotte.
Diego, quali sono i temi caldi che verranno discussi il 18 novembre a Firenze e quali obiettivi vi prefiggete?
Li riprendo dalla locandina dell’evento che stiamo diffondendo: salari, reddito, potere d’acquisto e rinnovi contrattuali; riduzione orario a parità di salario; nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori delle aziende in crisi; contrasto al razzismo, al maschilismo e all’omobitransfobia; sicurezza sul lavoro e diritto alla salute; diritto alla casa e diritto allo studio. Un programma ambizioso, ma crediamo che questi temi siano attuali e urgenti. Per quanto riguarda i nostri obiettivi, possiamo dire che sono quelli che contraddistinguono il Fronte di Lotta No Austerity (d’ora in poi Flna, ndr) da sempre: unire le lotte contro il capitalismo, organizzare il conflitto di classe contrastando le politiche concertative delle direzioni dei sindacati confederali e i settarismi di molti dirigenti del sindacalismo conflittuale; contrastare inoltre tutte le oppressioni funzionali ai padroni per dividerci, come maschilismo, razzismo, omofobia ecc.
Oggi assistiamo a diversi settori che stanno attraversando crisi profonde, come ad esempio il settore dell’automotive, a quali prospettive porteranno queste crisi?
Per prima cosa credo sia utile specificare che le «crisi» le pagano sempre i lavoratori, poiché è su di essi che vengono scaricate dai padroni. La crisi dell’automotive è uno degli effetti più drammatici della più ampia e generale crisi del capitalismo. Il solo gruppo Stellantis ha un indotto gigantesco, pari a centinaia di migliaia di lavoratori a loro volta impiegati in altre grandi industrie: si pensi a Gkn, Gianetti Ruote e ai lavoratori della Marelli di Crevalcore in presidio permanente per lottare contro una chiusura annunciata, ma citiamo anche la Pirelli (i lavoratori della fabbrica di Bollate sono tornati in cassa integrazione dopo aver già passato un periodo di due anni in quella difficile situazione). Uscendo dal perimetro della produzione industriale non possiamo dimenticare i lavoratori ex Alitalia, vittime di una delle più grosse mattanze occupazionali che l’Italia repubblicana abbia conosciuto: ancora oggi (con la benedizione di un accordo sindacale (!), in 3000 sono in regime di cassa integrazione, esclusi dalla transizione ad Ita, disapplicando, su imposizione dell’Ue, l’art. 2112 del codice civile che ne avrebbe disposto il passaggio diretto alla nuova società, un’ingiustizia avallata recentemente dal governo Meloni che per decreto ha ribadito la discontinuità tra Alitalia ed Ita. Tutte queste crisi porteranno a situazioni sempre più drammatiche dove l’unità di classe non sarà solo un proclama da gridare al megafono, ma una necessità dei lavoratori, l’unico modo per contrastare con efficacia gli attacchi dei padroni e dei loro governi. A Firenze, il 18 novembre, parleremo anche di questi temi coi lavoratori protagonisti di importanti realtà di lotta.
A proposito di crisi dell’automotive: dall’altra sponda dell’Atlantico arrivano notizie confortanti…
Una vittoria importante per i lavoratori, giunta dopo una dura lotta! Anticipo che su questo tema uscirà un articolo di Roberto Tiberio sul numero invernale di Progetto comunista.
La Direzione dell’Uaw ai tempi della nascente Fca fu oggetto di un grave caso di corruzione, dove milioni di dollari finirono nelle tasche di dirigenti sindacali per comprarsi la firma su accordi che hanno peggiorato le condizioni dei lavoratori (le stesse condizioni contro cui oggi hanno lottato). Ho letto sulla stampa che molti definiscono l’Uaw una sorta di Cgil o Fiom americana: in realtà dovremmo ricordare che se oggi i lavoratori statunitensi hanno ottenuto aumenti salariali del 25% e meccanismi automatici di adeguamento all’inflazione lo devono a un mese e mezzo di scioperi diffusi contro Stellantis, General Motors e Ford. Lo sciopero e la sua espansione su diversi siti produttivi sono proprio gli elementi che mancano alle direzioni dei sindacati confederali: non a caso quella dei lavoratori in Italia è tra le peggiori situazioni del cosiddetto mondo occidentale. Ed è proprio contro la concertazione e la complicità di queste direzioni che il Flna si batte.
Infatti, sul fronte sindacale, pare che le direzioni di Cgil, Cisl e Uil non abbiano intenzione di organizzare il conflitto necessario per respingere gli attacchi di Confindustria e del governo Meloni.
È proprio così: i lettori di Progetto comunista hanno già potuto leggere l’articolo premonitore di Massimiliano Dancelli sulla riluttanza di Landini e della direzione Cgil a proclamare uno sciopero generale. Non a caso lo sciopero proclamato da Cgil e Uil è su base territoriale e articolato in date diverse: così lo sciopero sarà depotenziato e inoffensivo. Ormai è davanti agli occhi di tutti che le direzioni dei maggiori sindacati confederali svolgano il ruolo di stampella del padronato e co-gestione della sempre maggiore quota di denaro sottratto ai salari e deviato in enti bilaterali e istituti di welfare contrattuale, previdenza privata complementare e assistenza sanitaria privata.
Del resto non ci aspettavamo niente di meglio da Landini: bisogna chiedersi come sia solo lontanamente immaginabile invitare un capo di governo borghese, che per definizione rappresenta gli interessi dei padroni, al congresso della Cgil, a ragion di più se nella fattispecie la presidente è anche esponente politica dell’estrema destra post-fascista. Infatti, di tutta risposta, il governo non ha esitato ad attaccare violentemente le pensioni seguendo l’agenda Draghi imposta dall’Ue e a condurre una battaglia spietata contro l’introduzione del salario minimo.
E i sindacati di base?
Sul versante del sindacalismo di base, proprio perché le direzioni dei sindacati confederali perpetrano il tradimento di classe, è tanto più necessaria l’unità di classe per costruire un’alternativa sindacale attrattiva per i lavoratori in lotta: un obiettivo ancora lontano dal raggiungimento perché, ahi noi, spesso hanno la meglio settarismi e logiche concorrenziali promosse da alcuni dirigenti.
Diego, in concreto, cosa consigli di fare per superare questa situazione?
Per prima cosa, come lavoratori, dobbiamo concepirci come classe accomunata dai medesimi interessi e dobbiamo organizzarci tra di noi. I lavoratori iscritti ai sindacati devono pretendere il rispetto della democrazia: le decisioni devono prenderle, non subirle! Dove questo non è possibile dobbiamo costruire organismi paralleli svincolati dal controllo delle burocrazie sindacali. Una delle battaglie principali del Flna è quella per una reale democrazia interna, unico antidoto contro la burocratizzazione dei sindacati. Una volta che ci siamo organizzati è importante capire come orientare le nostre lotte che, appunto, devono essere «lotte»: 30 anni di concertazione ci hanno impoverito e depotenziato, se oggi stiamo perdendo quanto duramente conquistato con le lotte operaie negli anni ‘70 del secolo scorso, lo dobbiamo alla rimozione cosciente del conflitto sociale da parte delle direzioni di Cgil, Cisl e Uil. Dobbiamo invertire la rotta e uscire da questo letargo pluridecennale, voluto da dirigenti sindacali opportunisti che hanno barattato coi padroni la nostra pelle in cambio di pace sociale per ottenere una manciata di privilegi, imponendo con accordi liberticidi limitazioni al diritto di sciopero e dissenso nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro e tracciando col filo spinato il perimetro della loro finta rappresentanza.
Tutto questo verrà rappresentato nella giornata del 18 novembre a Firenze?
Chiaramente il 18 novembre sarà un’importante occasione di incontro e confronto, come abbiamo indicato a chiare lettere nella locandina, quella di Firenze sarà un’assemblea pubblica nazionale: non solo un evento interno, quindi; ma una giornata aperta a tutti! Avremo l’occasione di definire e votare il documento politico che sarà il nostro riferimento per i prossimi mesi e di presentare un progetto di unità d’azione e connessione fra tante importanti realtà di lotta sindacale e sociale.
Oggi il Flna è un tentativo sano di costruzione, anche sul piano internazionale (aderiamo alla Rete sindacale internazionale di solidarietà e di lotta, che parteciperà all’assemblea) di un fronte unico d’azione dal basso e non deciso a tavolino tra burocrati sindacali per crearsi una coda; un progetto in costruzione dove lavoratrici e lavoratori, compagne e compagni di diverse collocazioni sindacali e provenienze politiche lavorano insieme. Il nostro invito più esteso e più largo possibile è quello di venire ad aiutare a costruire il fronte di lotta che oggi serve per contrastare con efficacia gli attacchi di questo sistema iniquo e criminale che affama i popoli e avvelena il pianeta.
Un’ultima domanda, Diego: milioni di persone stanno riempiendo le piazze di tutto il mondo per manifestare a sostegno della Resistenza del popolo palestinese, vi occuperete anche di questo tema?
Certamente. Tutto il mondo è attraversato da guerre e conflitti, ma anche da grandi esempi di Resistenza! Sul tema guerra e sulle tematiche internazionali – così come su varie questioni di politica nazionale - vi sono posizioni diverse all’interno del Flna, cosa del tutto naturale per un Fronte di unità delle lotte basato su una reale discussione plurale. Ovviamente io e i compagni di Alternativa comunista, così come tanti altri compagni del Flna, porteremo anche all’assemblea il nostro totale e incondizionato sostegno alla Resistenza palestinese, che auspichiamo possa essere sostenuto da tutti i presenti.
Per informazioni sull’assemblea nazionale: www.frontedilottanoausterity.org